«Allora Uao, Wao, proprio Wow»: esprime la sua piacevole meraviglia l’attrice e regista teatrale
Licia Lanera, quando – nel foyer del Teatro Piccinni di Bari – ne annuncia ufficialmente la prossima
riapertura: «Signori e Signore, ecco il Piccinni!…»
Con una certa emozione, dopo nove anni di lavori di restauro e adeguamento alla sicurezza di questo teatro all’italiana, costruito nel 1854, e poi dedicato al celebre compositore concittadino, ci sediamo nelle poltrone rosse dell’ultima fila, per fare il punto, dopo una cerimonia con interventi di Antonio Decaro, sindaco della città e presidente dell’Anci, e di altre personalità.
Entrambi, l’attrice e il sindaco, vestono insolite e artistiche magliette variopinte, uscite dal laboratorio creativo dello stilista sardo Antonio Marras: «Alcuni scampoli di tessuto damascato della tappezzeria del teatro (avanzato dal restauro) sono stati riutilizzati per personalizzare questi e altri indumenti. Verranno donati agli spettatori,affinché tutti possano portare addosso un pezzo del Piccinni…»Licia Lanera addita il palcoscenico: «A sei anni ero qui per il mio primo saggio di danza con Academy of Dance. Ma -da allora – non ci sono più salita, pur con alle spalle quindici anni di esperienza in tanti teatri…».L’attrice barese – infatti – già nel 2004 ha ricevuto il Premio Ubu come “Nuovo attore, attrice o performer under 35 e il Premio Virginia Reiter come “Migliore attrice under 35”. ora osserva la rinnovata platea e cita Aristofane:
«In una commedia c’è Dioniso che scende negli inferi, per far tornare in vita un poeta e salvare la città. Il teatro salva una città e ha il potere di saldare una comunità…»
Si passa da un cantiere all’altro: si chiude il cantiere edilizio, si apre il cantiere della cultura: «Non solo per gli artisti. Anche le maestranze riprendono l’attività, con la riapertura. C’è lavoro per scenografi, scenotecnici, illuminatori, costumisti, addetti al trucco e parrucco…»
C’è anche un impegno per gli spettatori: «Posso dire che ho un pubblico abbastanza giovane, a partire dai miei quaranta allievi della scuola di formazione…».- A questo pubblico Licia propone una trilogia di classici della letteratura russa: «Dopo “Cuore di cane” di Michail Afanasevič Bulgakov, presentato al Piccolo Bellini di Napoli e poi a Roma, Torino (Bellarte), Piacenza (Festival 50+1) e – in ottobre scorso – alla Sala Fontana di Milano, ora siamo al secondo spettacolo:
“Il Gabbiano” di Anton Čechov, che ha la sua anteprima nazionale Venerdì 29 Novembre, nell’altro teatro della città, il Petruzzelli. Le prossime date sono a Prato (da Mercoledì 11 Dicembre al Metastasio), poi a Trento, Ravenna, Torino…»E spiega: «Čechov racconta il malessere sociale, attraverso la disperazione di uomini “piccoli piccoli” trapiantati in campagna. I fallimenti continui – che si consumano nelle case e non lasciano traccia nella storia – la paura della vecchiaia, della solitudine, sono tragedie private che tutt’ora ci appartengono…»
Non solo teatro nella sua carriera. Il grande pubblico l’ha vista di recente su Rai 1 nel primo episodio di “Imma Tataranni Sostituto Procuratore”. Pensa ad alta voce: «Per la prima volta faccio una regia da adulta, mi appresto a diventare grande a tutti gli effetti. Rifletto su di me come donna e come artista. E quale commedia migliore per riflettere sul ruolo stesso che il teatro ha nella mia vita, in quella degli uomini, nella storia? Quale migliore occasione per parlare della vita che schianta i nostri sogni giovanili e ci fa diventare diversi da quello che pensavamo che saremmo diventati?…»
E conclude: «In questi anni, nonostante abbia fatto la trottola in Italia e in Europa, ho sempre scelto di restare a vivere a Bari e di continuare a fare teatro con gli attori e le persone della mia città. Oggi,trovarmi qui, in questa occasione, mi emoziona e mi confonde. Il teatro inaugura il 6 Dicembre, giorno del patrono San Nicola da Mira, e in primo luogo ci saranno i baresi, gli uomini e le donne che portano avanti il discorso teatrale in questa città: dai nomi storici del teatro ai più giovani, che ogni mattina si svegliano e si inventano un modo per fare teatro, promuovendo un pensiero e un arte che parla dell’uomo all’uomo…»
Si aggirano – infatti – nel foyer numerosi attori, tra cui Vito Signorile, Carmela Vincenti, Lucia Zotti, Nicola Pignataro, Nico Salatino, Luciano Montrone. Con grande modestia, l’attrice apprende che il suo nome deriva proprio dalla Licia, che è la regione turca ove si trovava Mira, la città di origine di San Nicola. Coincidenze. Si alza e si avvicina ai microfoni della Rai, mentre pare opportuno ricordare, tra i tanti riconoscimenti che ha ricevuto, il Primo Premio “Fringe L’Altrofestival! al Festival internazionale di Lugano, nel 2008, poi il Premio Landieri come“Migliore giovane attrice” nel 2011 e, quindi, la selezione al “Contemporaneo Festival” di Prato negli anni 2016 e 2019.
E, a proposito di date, va ricordata una delle prime rappresentazioni in questo teatro, Doña Flor, con il musicista Niccolò Van Westerhout nel 1896, oppure i tanti spettacoli de “I De Filippo”, o ancora Totò nel 1950, ma l’evento più importante risale al 28 Gennaio 1944, per il primo congresso dei Comitati di Liberazione Nazionale, con Ruiz, Omodeo, Cianca, Sforza, Dorso e Fiore. Michele Cifarelli legge i messaggi inviati da Franklin Delano Roosevelt, Josif Stalin e Chiang Kai-shek. A tarda ora la scrittrice Alba De Cèspedes, dagli studi di Radio Bari, trasmette le prime notizie e – il giorno seguente – si alza la prima voce libera (in un Paese per due terzi occupato dai nazisti) con un discorso di Benedetto Croce, registrato e trasmesso in tutta Europa da Radio Londra. Anche il New York Times pubblica la mozione finale. Prima di uscire dal teatro, ascoltiamo le parole di Decaro, che annuncia il probabile arrivo, per l’inaugurazione, del Ministro Dario Franceschini, il quale conosce bene questo palcoscenico, dove ha tenuto, dieci anni fa, il suo primo comizio da segretario del Partito Democratico. Il sindaco aggiunge che per la prima stagione sono stati già venduti 1300 abbonamenti: «In questi anni abbiamo sofferto per la complessità delle procedure e per un ricorso che ha rallentato i lavori, ma abbiamo tenuto duro, anche quando i fondi sembravano non bastare mai. È stato un po’ come una gestazione, perché questo teatro è il primo edificio pubblico che nasce nella Bari nuova (fondata da Gioacchio Murat) e, di fatto, si trova nella ‘pancia’ della casa comunale. Provo una emozione, come per la nascita di un figlio. Le nuove generazioni si abitueranno ad entrare nei teatri, a frequentarli, a viverli. Tra dieci anni i bambini non sapranno mai cosa sono le porte di un teatro chiuso e saranno cittadini più felici di vivere in questa città…»
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