giovedì, Aprile 18Settimanale a cura di Valeria Sorli

Il ritorno di Yayoi Kusama a New York

Fiere d’arte, gallerie, installazioni, nuove iniziative artistiche spuntano in ogni momento, ad ogni angolo, in tutto il mondo. Non è neanche più necessario tenere contatti personali, gli amanti dell’arte sanno che si incontreranno a Miami all’inizio di dicembre, a Venezia a maggio, a Londra in ottobre. E a New York… sempre, ma in particolare quando succede qualcosa di più eccezionale del solito. Città nuove si aggiungono alla mappa dell’arte internazionale con grande rapidità, al punto che diventa difficile coordinare gli impegni del quotidiano con il desiderio di vivere in prima persona esperienze diventate imperdibili, soprattutto in certi entourage. I globe-trotter dell’arte non temono lunghi viaggi, cogliendo, anzi, l’occasione per fare di una passione il punto di partenza per estensioni lavorative o vacanziere.

Buone notizie per chi vive nella East Coast e ha guardato con invidia le miriadi di selfies sui social media, scattate con la regola dei “30 seconds”, nelle “Infinity Mirrors Rooms” di Yayoi Kusama, al Broad Museum di Los Angeles. La mostra è in arrivo, in autunno 2019, a Boston, all’Institute of Contemporary Art e a New York alla galleria David Zwirner di Chelsea.

Da ottobre 2017 tale è stata l’affluenza, e gli occasionali danni provocati da instagrammers maldestri, che nelle sei stanze caleidoscopiche, composte di specchi e luci, del Broad Museum è stato stabilito che non si può stazionare all’interno di ognuna per più di cinque minuti, non tanto per limitare il numero di selfies, quanto per consentire a un maggior numero di visitatori di trovare lo scatto ideale da pubblicare su instagram.

L’iconica artista giapponese, che è stata definita la regina dell’arte contemporanea, ha esplorato, nell’arco della sua lunga carriera, ogni possibile aspetto dell’espressione creativa. Si è avventurata nella moda negli anni ’60, creando abiti d’avanguardia e ha collaborato di recente con Louis Vuitton, decorando le borse caratterizzate dal famoso monogramma con i pois colorati che la contraddistinguono.

Dopo aver lavorato come mercante d’arte in Giappone, ha iniziato ad avere problemi mentali. È stato allora, nel 1977, che si è volontariamente fatta ricoverare in un ospedale psichiatrico, dove attualmente risiede e crea la sua arte, pur avendo mantenuto uno studio esterno, nelle vicinanze, per le installazioni in larga scala.

Kusama è artista a 360 gradi: scrive poesie, romanzi, dipinge quadri dai colori vivaci, che contrastano con titoli che riflettono stati d’animo a volte cupi, come “Il limite estremo del mio dolore”, e continua a espandere la sua produzione di opere a pois, che definisce “Infinity Nets” reti infinite, un motivo che l’ha ossessionata fin da bambina. “Un pois ha la forma del sole, che è simbolo dell’energia del mondo intero e della vita che viviamo, e anche la forma della luna, che è calma. Rotondo, morbido, colorato, senza senso e senza conoscenza. I pois non possono stare soli, come la comunicazione tra le persone, due o tre pois diventano movimento… I pois sono una via verso l’infinito”. Da quando aveva dieci anni Yayoi Kusama ha ricoperto con i pois qualunque superficie, dalle tele a intere stanze, a volte perfino i suoi assistenti.

‘Matriarca dell’arte contemporanea’ non è sufficiente per definire questa artista che, nell’arco della sua carriera, oltre a quello che i più conoscono grazie ai social media, ha partecipato alla Biennale di Venezia, dalla quale in seguito, nel 1966, è stata espulsa, ha avuto come consigliera per entrare nel mondo dell’arte Giorgia O’Keffe, ha creato un giornale erotico, Kusama’s Orgy, ha pubblicato otto romanzi e prodotto film.

Probabilmente Yayoi Kusama passerà alla storia per il suo lavoro recente, per le sculture a pois a forma di zucca e per le Infinity Mirrors Rooms, che viaggiano nei musei del mondo e la cui esperienza sensoriale attrae milioni di visitatori, che vogliono provare ad immergersi nel suo universo di luci all’infinito. Ma la sua eredità va certamente oltre ciò che l’occhio può vedere.

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