martedì, Maggio 7Settimanale a cura di Valeria Sorli

Dalì e Clemmer, scene di un incontro

«L’unica differenza tra me e un folle è che io non sono folle. Bonjour!». Folle lo era Salvador Dalì, il padre del surrealismo spagnolo, abile nello scrivere quasi quanto nel dipingere, come testimonia questa sua celeberrima dichiarazione.

La Galleria Sozzani di Milano ospita fino al 9 settembre “Salvador Dalí, Jean Clemmer, un incontro, un’opera”. La mostra è suddivisa in due sezioni: quaranta stampe inedite con gli ingrandimenti di rari provini a contatto e le fotografie delle scene del cortometraggio perduto “Le Divin Dalí”, che l’archivio Jean Clemmer, diretto da Hélène Clemmer Heidsieck, ha raccolto e conservato nel tempo.

Dalí e il fotografo svizzero Jean Clemmer si incontrano nel 1962 a Port Lligat, un villaggio di pescatori sulla Costa Brava, nella casa di Dalì e di Gala, la sua sposa, la sua musa, la sua ossessione.

Lì, nascono alcune serie di fotografie di “mises en scène” e “tableaux vivant”.

Il servizio fotografico, ispirato al tema della Levitazione, affronta una scena onirica tra mitologia, scienza e magia. Naturalmente su suggerimento del maestro spagnolo, Clemmer porta Ginesta, come protagonista di un servizio fotografico che segna l’inizio di lungo sodalizio lavorativo.

Così, la giovane modella, appena conosciuta, si ritrova appesa a testa in giù, mentre sul suo corpo rimbalzano otto chili di ceci a simulare un’esplosione nucleare. 

Clemmer ne intuisce le potenzialità. Così nel 1968 su imput del Daily Telegraph, i due amici si ritrovano a Cadaques per interpretare la moda spagnola.

Il pittore folle mette in scena un Cristo rappresentato con il relitto di un barcone incagliato tra ossa e pneumatici abbandonati.

Nel 1970 Dalí, da sempre affascinato dall’idea della morte, propone a Clemmer il ciclo delle “Metamorphoses”. Dai ritratti e dai dipinti del maestro emergono le figure di nudi femminili. Immagini strepitose.

Jean Clemmer intuisce lo straordinario valore filmico delle performance, e introduce Dalí al suo amico e regista indipendente Claude Joudioux. Nel 1964 girano a Parigi il film “Le Divin Dalí”, mentre Clemmer ha il compito di scattare le foto di scena. Il fulcro descritto come “Il cannibalismo dell’angelico” viene costruito su diversi piani di vetro, ciascuno con un angelo, per simulare l’ascensione. Angeli che si divoravano a vicenda, rigurgitano in un continuo ciclo di rinnovamento. Purtroppo di quella pellicola distrutta in un incendio poco dopo, non è rimasta traccia. Le fotografie di scena scattate da Clemmer rimangono quindi l’unica, preziosa testimonianza del cortometraggio.

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