giovedì, Aprile 25Settimanale a cura di Valeria Sorli

A Mantova, il mondo fluttuante di Marc Chagall

«Non lavoro attraverso simboli espliciti, ma, in un certo senso, in modo inconscio. Una volta che il quadro è finito, ognuno è libero di interpretarlo a suo piacere». Ricorda così Marc Chagall (1887-1985), uno degli artisti più significativi del XX secolo che nel corso della sua lunga e movimentata esistenza, trasse continuamente ispirazione dal suo retroterra culturale di ebreo russo.

Il restaurato Palazzo della Ragione a Mantova, celebra il maestro con l’ampia mostra “Marc Chagall come nella pittura, così nella poesia”, a cura di Gabriella Di Milia, organizzata e prodotta con la casa editrice Electa e aperta fino al 3 febbraio 2019.

In esposizione oltre 130 opere, tra cui il ciclo completo dei 7 teleri dipinti da Chagall nel 1920 per il Teatro ebraico da camera di Mosca che rappresentano il momento più rivoluzionario e meno nostalgico del suo percorso artistico. I pannelli, tempere e gouache su tela di grandi dimensioni, provengono da un prestito eccezionale della Galleria Statale Tret’jakov di Mosca, raramente concessi negli ultimi anni dal museo moscovita, sia per l’ampiezza delle dimensioni che per la delicatezza dei materiali utilizzati: tempera e caolino su tela. Il focus dell’esposizione comprende anche una serie di acqueforti eseguite tra il 1923 e il 1939, tra cui le illustrazioni per le Anime morte di Gogol’, per le Favole di La Fontaine e per la Bibbia.

Nato a Vitebsk, in Russia, Chagall nel 1910 si trasferisce a Parigi dove si è affermato il cubismo. La libertà di visione di questo movimento, porta in breve tempo l’artista a utilizzare la scomposizione geometrica delle forme con i contrasti cromatici ispirati dalla pittura di Robert e Sonia Delaunay, rivisitandola nelle sue immagini dell’infanzia e della sua giovinezza. Nonostante ciò, l’autore prende le distanze dall’astrazione che lui definisce una fredda indagine scientifica. A tal proposito, dichiarava gelidamente: «Lasciamo che si strozzino con le loro pere quadrate su tavoli triangolari» e proseguiva «La mia arte è insensata, un mercurio fiammeggiante sulla tela». Infatti, pur subendo l’influenza delle avanguardie contemporanee, Chagall, preferiva sviluppare una sua poetica individuale, sovrapponendo nelle sue tele immaginario e reale, beffandosi delle leggi del tempo, dello spazio e della gravità, per creare un mondo figurativo peculiare, intriso di fantasia.

Il lavoro di Chagall è indissolubilmente legato alla sua vicenda personale: le rappresentazioni di contadini, di animali, musicanti, ebrei e innamorati sono indubbiamente brani di vita vissuta, ai quali viene però conferita una valenza universale, che trascende la sfera emotiva privata.

Le opere esposte fanno parte della più intensa fase creativa di Chagall a Parigi e al suo ritorno in Russia tra il 1911 e il 1922. Certamente vive momenti difficili alternati ad eventi esaltanti come il matrimonio con Bella Rosenfeld, sua musa e consigliera fino alla morte, che toccano uno slancio creativo irripetibile in tutta la sua carriera artistica. Un’unione d’amore trascorsa serenamente fino alla morte di Bella, nel 1944, che lasciò Chagall affranto.

Un artista poliedrico, è stato anche scenografo teatrale, mosaicista e uno dei più apprezzati creatori di vetrate. Semplicemente geniale.

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